Un tasting panel come quello di Oneglass può risultare un boomerang, conviene rischiare?

Un tasting panel come quello di Oneglass puo risultare un Tasting panel, ricordate? Si tratta si una delle piccole rivoluzioni della rete, la possibilità per un produttore di avere un riscontro immediato, giudizi e impressioni, da una selezione di consumatori al solo costo irrisorio della spedizione. Il primo a pensarci, in Italia, fu Gianpaolo Paglia, vulcanico proprietario di Poggio Argentiera. Ai primi cento che si fossero iscritti sul suo sito garantiva una campionatura di prodotti, di Morellino ed altro, a patto che i successivi giudizi, positivi o negativi che fossero, venissero pubblicati, online. A distanza di quasi due anni i commenti ad i suoi vini sono ancora lì, visibili e consultabili da tutti.

Con il passare del tempo, le aziende curiose di provare questo nuovo approccio al mercato si sono moltiplicate, e con loro le tipologie di prodotti. Pensando al vino c’è stato Zonin con due delle sue tenute, la maremmana Rocca di Montemassi e la pugliese Masseria Altemura. Ma anche Cascina i Carpini e La Maranzana. La grappa dei Fratelli Brunello. Poi i burri delle Fattorie Fiandino e, più recentemente, la possibilità di toccare con mano i tappi in sughero Procork ed assaggiare le confezioni di vino monodose di Oneglass.

Ed attenzione, quando si parla di tasting panel va considerato che i protagonisti del gioco sono sempre due. Da una parte il prodotto, quello che verrà quindi giudicato, dall’altra il pubblico, il panel giudicante. E non è detto siano necessariamente capaci di incontrarsi, per dire. La scelta del pubblico cui rivolgersi è cruciale. Difficile immaginare un gruppo di blogger appassionati di, non so, musica metal giudicare i caratteri organolettici di un olio extra vergine. Anche se magari.

Ci sono controindicazioni quindi? Forse. Ricordo ancora con chiarezza le parole di Gianpaolo Paglia, durante un recente incontro dedicato al vino sul web durante il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia: “certo qualche commento negativo c’è stato, fa parte del gioco. E probabilmente se fossero stati tutti negativi il problema non era tanto nel panel in sé, ma nel mio vino. Un modo un po’ brutale forse per scoprirlo, ma certamente utile“.

Ecco, ripensavo a queste parole dopo aver letto, negli ultimi giorni, alcuni dei commenti relativi all’ultimo di questi tasting panel, almeno in ordine di tempo. Oneglass è una particolare confezione da 100ml di vino adatta ad un consumo veloce, praticamente take-away. Un bicchiere da avere sempre a portata di mano, gradevole e pratico. Già lo vedo fare bella mostra di sé in aereo od in treno, con il suo packaging accattivante. O nei self-service, magari. Comunque in quelle situazioni in cui un bicchiere di vino deve rispondere a due requisiti particolari: praticità e velocità. Un’idea giusta, insomma. Peccato che però molti dei blogger del vino che lo hanno provato ne siano rimasti piuttosto delusi: “onesti, senza lode e senza infamia“, “non ci sono piaciuti“, “soddisfazione assai moderata“, “definirli, come nella brochure, grandi vini mi pare francamente un po’ azzardato“. In effetti, anche a cercare, non si sa esattamente che vini siano. In etichetta è indicata solamente la denominazione IGT (Vermentino, Sangiovese, Pinot Grigio, Cabernet) e che sono stati confezionati per l’azienda che poi li distribuisce. Dite che la stessa, Oneglass, terrà conto di queste considerazioni? Io non lo so. Ma quello che è certo è che prima di confrontarsi con una parte di mercato (anche se numericamente poco rilevante) è fondamentale avere le idee chiare di quello che potrebbe succedere. Adesso, per esempio, tutti quanti sappiamo quanto siano belli da vedere ma altrettanto (un po’) meno piacevoli da bere.
Perché, ecco, non è detto che un tasting panel sia sempre e necessariamente la scelta giusta.




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