Produttori di vino e guide. Casi umani e relazioni pericolose in 6 pratiche configurazioni

Ci sono i produttori di vino da una parte e le guide del vino (o chi per loro) dall’altra. In mezzo c’è l’umana natura che tutto dà e tutto toglie. Relazioni pericolose tra stampa e produzione, relazioni incerte tra distacco critico e appiattimento totale, casi clinici di sicuro interesse e bassifondi dell’animo umano sotto mentite spoglie. Abbiamo cercato di fare chiarezza individuando 6 distinti casi. Eccoli qua.

1) Resistenti
Spedire o meno i campioni a una guida è un atto politico. Hanno ragioni nobili non sempre condivisibili e sono spesso incazzati ma poi si tranquillizzano. Non così raramente hanno verità da regalare ma o le espongono nel modo sbagliato o fanno di tutto per farsi terra bruciata intorno. Da tenere d’occhio perché il mondo non va in una sola direzione, da appoggiare quando la dicono giusta, da punzecchiare quando la fanno fuori dal vaso.

2) Disinteressati
Semplicemente, serenamente, pacatamente, alle guide e a chi li giudica non sono interessati. Non è che ci si impegnino né che siano snob, è che proprio sono fatti così. Sono pochi, pochissimi, e generalmente capisci quanto siano disinteressati da come parlano del mondo del vino al di fuori della loro cantina. Che spesso è anche la casa. Di solito trovi sempre l’amico finto-scafato che ti sussurra “Eh, ma sotto sotto in realtà ci tengono eccome”. Il più delle volte non ha capito una cippa lui ma non ditegli che un altro mondo è possibile. Vi prenderebbero per scemi da 98/100 Parker.

3) Sanguisughe
Per loro le guide sono pane quotidiano, interlocutore all’ordine del giorno per uffici stampa, uffici vendite, uffici eventi e magazzinieri che spediscono campionature a destra e manca. Senza guide non campano e una guida è generalmente buona e affidabile in funzione dei punteggi che mette ai suoi vini. In realtà poi non si sa chi sia la sanguisuga: io ti prendo un banchetto e tu mi aggiungi un pallino, io ti riempio uno spazio pubblicitario e tu mi limi al rialzo quel centesimo. Ci sono, sono in mezzo a noi, non lo sbandierano ai 4 venti né lo trovi sulla causale del bonifico, però vanno tenuti presente e presi per quello che sono: 5 lettere, la prima è “m”.

4) Gamberoni
Un po’ avanti un po’ indietro, un giorno credono alle guide quello dopo no. Un giorno ti parlano bene di Caino, salvo poi lodare sperticatamente Abele il mese successivo. E tra i due non è mai corso buon sangue. Nella migliore delle ipotesi hanno le idee confuse ma il dubbio sincero è che non abbiano una propria idea. Generalmente il vino è come loro, un po’ di destra un po’ di sinistra, un po’ conciato un po’ senza solfiti. Però magari biologico, qualsiasi cosa voglia dire. Parlare con loro è come dare un timer all’inutilità, bere i loro vini è fegato rubato all’alcol serio.

5) Minchioni
Credono alle guide come strumento potente di comunicazione più che di informazione solo che non hanno ancora imparato a spendere bene i propri soldi. Non hanno una politica raffinata di rapporto con le guide, pagano quel che serve per esserci, quando serve, e se gli parli di ROI ti guardano con un “Eh??” dagli occhi di fuori. Quando le guide più inutili del mondo li premiano con il trottolino d’oro loro si gonfiano il petto e nessuno ha cuore a dirgli la verità. Casi umani, quasi teneri.

6) Laici
Le guide esistono e non vanno osannate né sminuite. Fanno un mestiere che va pacificamente rispettato, se invitano ad una presentazione si va, se chiedono un numero congruo di campioni si mandano. Il loro motto è “amici di tutti e servi di nessuno”. Ritengono utili le guide un po’ a prescindere, non fanno del partecipare o meno una questione di vita o di morte e vivono serenissimi.

Non ci sono i nomi che potremmo usare ad esempio, semmai fateli voi tranne che per la categoria 5. E per la 3.




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