Il vino naturale, passatemi il paragone, è come la Cappella Sistina dopo il restauro: un trionfo di colori accecanti che, all’epoca, spiazzò i critici d’arte abituati a secoli di nerofumo e vernici polverose. Chi ripristinò il “sapore” di Michelangelo, fu accusato di aver cancellato per sempre i ritocchi postumi, le morbidezze e le correzioni dell’artista. Nulla di più falso, in realtà: i colori accesi erano funzionali per avvicinare l’osservatore ad un dipinto posto a 20 metri di altezza, in tempi di candele e poca luce naturale. Avvicinarsi al vino naturale è un po’ come riscoprire il colore originale di un affresco e non importa se questo sia un capolavoro come la Cappella Sistina o un’opera minore relegata in una pieve di campagna perchè lo scopo è sempre lo stesso: riscoprire la verità di un dipinto, di un’opera. In definitiva, del lavoro degli uomini.
Per riscoprire o, semplicemente, per chi vuole avvicinarsi al mondo dei vini naturali, abbiamo chiesto alla nostra redazione una lista di 15 produttori, alcuni perennemente in discussione, altri unanimemente accettati. Sono i vini della riscoperta, forse della rinascita, sicuramente della bellezza ritrovata.
Siate laici nel giudicarli e felici nel berli.
1. Per chi si avvicina al mondo dei vini naturali c’è da varcare un passaggio obbligato: il vino di Josko Gravner. Non perché sarà il vino che lo coinvolgerà dal primo minuto ma perché sarà un concetto di vino ancestrale a cui il proprio palato si è diseducato. La filosofia di Gravner si basa sul modo più antico di concepire la vinificazione, attraverso l’utilizzo delle anfore. I vini di Josko si comprendono lasciandosi andare senza cercare a tutti costi una risposta a ciò che ci si trova nel bicchiere. E’ un vino che non si manifesta in tempi brevi e che si concede piano piano, proprio come Josko. (G. Giacobbo)
2. San Fereolo di Nicoletta Bocca, perché mi disse in un’intervista: “Le uve biodinamiche sono molto meglio, sono in grado di bilanciarsi, di badare a se stesse; si equilibrano più facilmente da sole: non è più necessario intervenire, perché non ti serve più.” (P. Stara)
3. A me delle etichette non frega un tubo. Mi spiace per quelli che si sbattono giorni su un tono cromatico o un logo, ma in definitiva mi rimbalzano sempre. C’è solo un’etichetta che, storicamente, lascia a bocca aperta i clientes, e porta scritto su: “Scusate ma non seguiamo il mercato, produciamo vini che piacciono a noi, vini della nostra cultura. Sono ciò che sono e non ciò che vuoi che siano”. Ora è chiaro che “non seguire il mercato” è un modo come un altro di presentarsi sul mercato. Il punto è che quell’etichetta dice la verità, ed è un rarissimo caso nel quale descrive perfettamente il contenuto. E sì, parlo di Alessandro Dettori. (F. Sartore)
4. Mi piace il Syrah di Stefano Amerighi, perchè lui è una bella persona e perchè il vino che produce è l’esempio di un prodotto naturale che può essere anche molto preciso, pulito e definito, lontano anni luce dai biopuzzoni, così poi non c’è nemmeno bisogno di scuse. (A. Marchetti)
5. I Masieri, La Biancara. Sia il bianco (garganega e trebbiano), sia il rosso (merlot con un saldo di cabernet sauvignon e tai rosso). Perché entrambe le versioni base dei vini di Angiolino Maule raccontano senza distrazioni, tanto la mineralità vulcanica del territorio di Gambellara, quanto la qualità di un lavoro capace di restituire semplicemente la percezione di un frutto che dalla vigna passa al bicchiere e dal bicchiere al gargarozzo con disarmante, naturale disinvoltura. (G. Corazzol)
6. Il Teroldego di Elisabetta Foradori, perchè quello del vino naturale è un mondo tutt’altro che dogmatico, fortunatamente figlio di percorsi personali che si intrecciano profondamente con quelli produttivi. È questo il caso del più famoso dei rossi che nascono nella Piana Rotaliana, in Trentino. Un vino che rispecchia appieno questa tensione al cambiamento prima ancora che al miglioramento. Che poi le due cose siano andate con del tempo sempre più di pari passo è una piacevole sorpresa, che continuiamo a trovare nel bicchiere. (J. Cossater)
7. Il Trebbiano di Francesco Guccione è tutta una vita in una sola bottiglia. Dentro c’è forza, carattere, Sicilia, disperazione, voglia di riscatto, sole e rinascita. È la prova che se il vino ce l’hai dentro, nulla e nessuno potrà strappartelo. E adesso bevi, che è proprio buono. (A. Tomacelli)
8. Barbacarlo, Lino Maga. Un vino mai uguale a se stesso, spremuta estrema di un uomo burbero e scontroso, succo di un territorio che riflette l’anima del produttore. Difficile raccontarlo perché ogni annata è diversa: dal frutto fresco può virare a un inizio di marmellata, concentrazione degli zuccheri estremamente variabile, a volte fermo altre micro effervescente; lascia la bocca piena con un fondo tannico bilanciato da un corpo diritto e presente, acidità in funzione della frutta. Una sorpresa costante (G. Mancini)
9. L’Amarone della Valpolicella Classico 2007 di Monte dei Ragni è un vino tridimensionale, vero fino al midollo e lunghissimo. Zeno Zignoli è una icona perfetta del vino naturale ma bisogna arrivare a Fumane per capire la travolgente e resistente bellezza del seguire la propria strada senza sconti e con argomenti stringenti. Correte il pericolo, ne vale la pena. (A. Morichetti)
10. Il Frappato di Arianna Occhipinti perchè lì dentro c’è un po’ tutto. Sole, mare e terra. Perchè è un vino che rappresenta un’idea prima ancora di un progetto e se in tanti si sono accorti non solo di Vittoria ma di “un’altra” Sicilia è anche grazie a lei. E poi non solo perchè è buonissimo ma anche perchè evolve magnificamente. (J. Cossater)
11. La Visciola Vigna Mozzatta è un crescendo di concentrazione, vitalità e ricchezza, nel colore, nel naso e nel gusto. Grande l’ampiezza di frutta rossa tra lampone e bacca di goji ma anche mirtillo, mora e rabarbaro, caramella inglese, mallo di noce, humus e corteccia. Ti sorprende in bocca profondo e coinvolgente eppure fresco, continuamente ravvivato dal pepe presente in grande quantità. il vino che ha mostrato una via all’eccellenza per il Lazio che non fosse solo legno e iperconcentrazione (A. Gori)
12. Domaine Leflaive Montrachet Grand Cru. Perché i più bravi a essere biodinamici sono sempre i francesi e la biodinamica viene meglio lì che da noi. Prezzo in scaffale: sopra i 10 euro (C. Lauro)
13. Il vino naturale è l’immaginazione al podere: questo avrebbe postulato Marcuse. Soprattutto, questo avrebbero gridato Timothy Leary e i Jefferson Airplane se mai avessero intrapreso un viaggio diversamente psichedelico in Alta Maremma, fino a Massa Marittima, sulle tracce del Rosato di Massa Vecchia: il vino per eros-e-civiltà, libero e multidimensionale, vera scaturigine d’energia creativa in modalità sensoriale. Pangèusico, panòsmico, eidetico e, secondo Timothy, finanche lisergico. Io, più semplicemente, lo trovo polimorfo e caleidoscopico e basisco per la fitta trama di associazioni e rimandi, il compendio di scorze d’agrumi, melagrana e anguria; per il subisso di frutti in varie preparazioni; per čaj, pot-pourri, kriek, zenzero, olio di rosa canina, neroli, cardamomo, rosolio, sandalo; per l’innata tensione minerale e la progressione armonica, soprattutto per i suoi surrealistic pillows e white rabbits. (E. Giannone)
14. ‘A Vita di Francesco de Franco perchè quando tutti intorno a te perdono la testa per i vitigni alloctoni devi mantenere i nervi saldi e la barra a dritta. Si fa rotta verso il Gaglioppo della tradizione e una volta arrivato scoprirai un porto accogliente e sicuro. Ad attenderti ci sarà uno dei migliori bicchieri naturali che tu abbia mai bevuto, tutto frutto di Calabria e passione. Preciso e regolare, nonostante le tempeste. (A. Tomacelli)
15. Brunello di Montalcino Bolsignano, perché Roberto Rubegni è un dissidente, non fa parte della Montalcino scintillante tutta lustrini, paillettes e prezzi folli, non fa parte nemmeno del Consorzio, non è certificato da nessun ente, ma in vigna è assolutamente non interventista, non fa trattamenti, in cantina non usa lieviti selezionati, è naturalmente naturale ed è pure amico di un altro personaggio piuttosto scomodo col quale si confronta spesso: Gianfranco Soldera. Se capitate a Montalcino andate in cantina a trovarlo, non ve ne pentirete, conversare con Roberto è molto istruttivo e vi farà scoprire il suo Brunello caldo e saporito del versante sud-ovest. (A. Marchetti)
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