Ci voleva la verticale di Galatrona a Summa 2016 per cambiare idea sul merlot

Summa 2016, interno giorno: è tempo di sacri tannini. Gli ultimi lasciti di vita delle papille gustative, dopo ore di riesling e prima dell’ordinaria mattanza veronese del Vinitaly, se li becca il Galatrona di Petrolo.

Ora, il Galatrona è un gran vino borghese. Abile a smarcarsi dalle sfiancanti guerriglie tra modernisti e tradizionalisti, celebrato e rispettato, mi mette soggezione. Vino per gente seria che stringe mani, elargisce sorrisi, non prova mai disagio, colleziona eventi e si ricorda che la Doc Valdarno celebra trecento anni senza che nessuno glielo suggerisca. Ma io non sono gente seria: non sono un uomo da verticali, non sono un uomo da merlot (sarà colpa dei merlottini, o del considerarlo pregiudizialmente come il rovinautoctoni, specie in Toscana) e non sono un uomo che dice la sua in pubblico.

Forse non sono proprio un uomo. Ma non è contesto per dilemmi esistenziali. Neanche Chiara Giovoni è un uomo. La sua presentazione dei vini e dell’azienda mi sembra inappuntabile. Come la degustazione. Forse solo un po’ sbrigativa e a tratti anarchica: c’è chi parla di un’annata, chi ne assaggia un’altra, chi (un autoctono) si fa venire un crampo al polso per incontrollato tic da ossigenazione.

Ma la cosa mi piace. L’assaggio brioso, non l’autoctono. L’idea della degustazione compita, prolissa, determinista, con il relatore solipsista che assaggia il vino ed elenca 87 sentori è uno dei motivi perché il mondo del vino appare demenziale alla gente comune.

Anche il Galatrona mi piace. Una considerazione di rara ovvietà, non necessariamente doverosa però. Vale anche il contrario: non farselo piacere può essere una posa da quarta ginnasio. È un vino profondo, territoriale, più vivo ed espressivo di alcuni stereotipi che lo vogliono “dolcione costruito e internazionale”. E di come me lo ricordavo.

Mi spiegano che l’ispirazione è sempre stata il merlot che si beve a Pomerol, mentre la politica sui legni è cambiata molto. O magari sono cambiato io. So solo che sono vini che si annidano nella memoria: è quello che dovrebbe fare un ottimo vino. Oltre a prendere 90 centesimi o giù di lì. Ecco cosa si è bevuto.

Galatrona Val d’Arno di Sopra DOC 2013
Incisivo e senza tanti fronzoli come piace al sottoscritto. Il naso è il più timido del lotto (la macchia mediterranea è la costante, ma qui c’è anche una leggera vena salmastra), la bocca è molto dinamica ed elegante. Acidità sostenuta, bel frutto. La 2013 anche in Toscana dà spesso gioie. Puoi dimenticartelo in cantina, ma anche berlo subito.

Galatrona 2013 in anfora
Esperimento? Concessione ai tempi? Paraculismo? Vale tutto se il risultato è così soddisfacente: grande espressività olfattiva (olive nere, note di bosco, ginepro), bel frutto maturo, discreta verticalità. Generalmente più caldo del suo gemello vinificato tradizionalmente.

Galatrona Igt Toscana 2012
Toscanità esemplare, esibizione varietale quasi muscolare: olive, liquirizia, foglie di mirto a valanga. La bocca è calda, il tannino rotondo, l’allungo importante. Ma a me va un altro sorso del 2013.

Galatrona Igt Toscana 2011
L’annata caldissima si fa sentire e alla fine risulta il più faticoso sul mio personale cartellino. Le cose migliori si registrano al naso dove mirto e ginepro arrivano dritti e intensi, ma non mancano ancora bei richiami balsamici. Da riprovare tra un lustro.

Galatrona Igt Toscana 2009
Non c’è il 2010 e me ne cruccio, ma il 2009 è prontissimo e sbaraglia. Bellissima complessità con il corredo classico a cui si aggiungono note molto speziate. Il pepe torna anche in bocca, dove la grande pienezza è bilanciata dalla sapidità e da alcuni spunti verdi rinfrescanti. Non si sputa nemmeno dopo ore di “duro lavoro”.

Galatrona Igt Toscana 2008
A dirla con una suggestione direi che è la 2012 tra quattro anni. Le note mediterranee esplodono in tutta la loro intensità. Olive, liquirizia e chiodi di garofano su una bocca imponente, ma di grande eleganza. Lunghissimo. Bello.

Galatrona Igt Toscana 2004
Insieme al 2009, il più in forma, il più complesso e il più completo. Tabacco, spezie e menta dettano il ritmo, la bocca è profonda e dinamica, il tannino esemplare. Legno perfettamente assorbito: il vino rosso con cui fare bella figura.

Galatrona Igt Toscana 2002
Un’annata disastrosa, ottima per adagiarsi sulla solita massima “I grandi vini si riconoscono dalle annate negative”. È una formula retorica che mi stanca terribilmente, molto più del vino, non particolarmente in debito di freschezza. Il naso è abbastanza autunnale e caffettoso, la bocca è caldissima, con note tostate un po’ invadenti, ma l’acidità è ancora su buoni livelli.

Galatrona Igt Toscana 2000
È tutto al posto giusto, ma qualcosa non me lo fa amare particolarmente. Il naso regge bene e non è nemmeno particolarmente terziarizzato. La bocca ha una bella dinamica, mentre la chiusura, leggermente amaricante, penalizza la lunghezza. Non so perché non mi conquista.

Galatrona Igt Toscana 1998
Il 10 febbraio 2001 WineReport scriveva: “Oggi il Galatrona 1998 resta un vino troppo perfetto per emozionarci, clamorosamente carente d’equilibrio, bevibilità, piacevolezza, assolutamente monodimensionale e tutto compreso nella sua ricerca di concentrazione e potenza”. Ecco, “clamorosamente carente d’equilibrio” mi sembra davvero eccessivo, ma in effetti lo stile aziendale anni ’90 penalizza ancora il vino 15 anni dall’imbottigliamento. Ombroso, caldo, sprigiona con più difficoltà l’eleganza delle altre annate. Eppure ha una discreta vivacità e il solito naso mediterraneo che si fa voler bene.

[Sui trecento anni della denominazione Valdarno già ci intrattenne Andrea Gori qui.]




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