E un bel giorno ci siamo ritrovati tutti ad Offìda (accento sulla i) ad assaggiare Pecorino. Nel senso del vino. Il Consorzio Picenos dell’Offida, in combutta con la locale kermesse (Di Vino In Vino), ha pensato bene di fornire all’evento il risalto necessario affidando ad una pattuglia di enobloggaroli l’arduo compito comunicativo. Ammettiamolo: chi meglio di noi? Assieme a Mauro, Corrado, Giovanni, potrò dire: c’ero anch’io.
E allora: com’è il Pecorino offidano, Docg dalla vendemmia 2011? Per chi, come me, non aveva quasi conoscenza della tipologia, una comparata cieca di 25 diversi produttori (vendemmia 2010) è stata un’occasione formidabile per farsi un’idea approfondita. Senza grossi pre-giudizi sull’area, avevo la disposizione d’animo ideale per l’assaggiatore, del tipo “be’, vediamo che c’è dentro al bicchiere”. I famosi elementi territoriali, croce e delizia di ogni enofilo contemporaneo, non sono stati poi così centrali: un po’ perché, come ho detto, avevo scarsi parametri, ed un po’ perché alcuni vini mostravano interpretazioni più moderniste e giuggiolose, che si contrapponevano ad altri, più fieri ed austeri. Manco a dirlo, ho preferito i primi.
Tuttavia certe release enologicamente perfette, con (spesso) residui zuccherini inusuali (assieme, per fortuna, all’acidità evidente) mi hanno fatto pensare a vini assai orientati al mercato, più che all’amateur sempre pronto a snasare il territorio. Capisco che – anche visti i tempi – sedurre il vasto pubblico sensibile alle piacevolezze sia importante. Mi auguro (e auguro alla denominazione) che nel futuro si profilino meglio elementi più caratteriali. Comunque, ecco la mia lista dei preferiti.
Poderi San Savino, Ciprea – 13,5% vol. (81/100). Al naso mi piace: ampio, noccioloso. In bocca inciampo in un po’ di CO2 (bollicine residue da imbottigliamento?) che finiscono per penalizzarlo più del dovuto, assieme alla brevità della persistenza. Bene comunque l’acidità.
San Filippo – 13,5% vol. (81/100). Questo ha più profondità olfattiva, è promettente. In bocca si manifesta l’equilibrio zuccherino/salino che finirà un po’ per essere la cifra complessiva di molti assaggi.
Damiani Pasqualino – 14,5% vol. (82/100) Colpisce l’ambivalenza olfatto/gusto: citrino, al limite del limonoso, in bocca diventa suadente e scodinzolante. Mah. Decido che mi piace, anche se qualcosa mi sfugge. Riassaggiato dopo un po’, convince meglio.
Podere dei Colli – 13% vol. (82/100) Miele al naso, carico ed ampio. Un po’ ciccio ma lontano dall’estremismo. Mi piace.
Ciù Ciù, Le Merlettaie – 13,5% vol. (83/100) Mostra subito un agrumato tropicale, ha personalità, lunghezza, spicca nel gruppo. Bene.
La Canosa, IGT Marche Pekò – 14% vol. (83/100) Questo è il più estremo di tutti: parte col botto esibendo un naso dissoluto, pane/brioche/pasticceria, e – quasi prevedibile – cade solo sulla bocca troppo impegnativa, alla lunga stancante, che gli impedisce un punteggio maggiore. Forse tanta stranezza si giustifica col fatto che è l’unico IGT in mezzo agli altri DOC, o, più semplicemente, è lo stile di cantina.
Velenosi, Villa Angela – 13% vol. (84/100) Naso sotterraneo e inespresso: è uno dei meno allineati, lascia presagire più che mostrare, ma ha bocca vivace, e lunghezza. Tecnico con materia. Prevale su molti.
Dopo i miei appunti, per amore della polifonia intravinica, trascrivo di seguito anche le note che ho copiato al compagno di banco, Jacopo Cossater. Polifonia o caos primigenio? Ai posteri l’ardua etc, etc.
La Cantina dei Colli Ripani, Rugaro Gold – Poi trovi un Pecorino così, tredicesimo in linea di degustazione, e pensi che “si, un altro mondo è possibile”. Forse. Equilibrato come nessuno prima di lui forse sconta un minimo di prevedibilità all’olfatto. E’ in bocca che però esprime tutta la sua stoffa: bell’acidità, freschezza, chiusura puntuale. Di razza. 83
San Filippo – Di grande pulizia. Non urla, sussurra. Tutto è accennato ed intrigante, si fa cercare, chiama il degustatore a drizzare le proprie antenne. A tratti sembra richiamare la purezza di una fonte, in un crescendo che lo porta ad esprimersi al massimo sulla chiusura, lunga ed espressiva. 82
Collevite, Villa Piatti – Intenso e profondo, a note già sentite in molti dei venti campioni precedenti affianca un perché minerale, quasi calcareo, ed un frutto più completo. In bocca è piacevole, articolato, subito nervoso e più largo dopo pochi istanti. Dal bel finale, di quelli che si distinguono per lunghezza. 83
[Video di Francesca Ciancio]
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